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Oltre il vetro: cani e comunisti veneti!

24 Nov

Romeno picchia e manda in coma infermiera 32enne

21 Nov

“Magrebino picchia moglie e figli”, “Romeno arrabbiato spacca la porta di un ristorante”, “Blitz della Finanza in una pelletteria abusiva di cinesi”. Titoli di giornale come se ne leggono tanti. Titoli che suscitano indignazione e rancore, ma non contro quel magrebino, romeno o cinese che hanno combinato il guaio, bensì contro i magrebini, i romeni e i cinesi tutti. È un meccanismo automatico che pure è conosciuto sia dai giornalisti, che lo sfruttano, sia dai lettori, che stanno al gioco. E allora tutti i serbi, ad esempio, diventano da un giorno all’altro come quel cretino di Ivan, l’ultrà teppista che si mette il passamontagna per non farsi riconoscere e poi lascia scoperte le braccia tatuatissime, il quale guidò gli scontri prima e dopo Italia – Serbia a Genova.

Vabbé, giornalisti “brutta categoria” (“brutta razza” in questo frangente mi parrebbe espressione fuori luogo), direte voi, ma io provo una difesa d’ufficio: in fondo in fondo quel padre violento era effettivamente un magrebino? Sì. Per cui l’informazione non è scorretta, io, giornalista, il mio lavoro professionalmente l’ho fatto bene. E poi di quel tizio il nome non si conosce, in qualche modo dovrò chiamarlo mica posso scrivere: “Uomo picchia moglie e figli”. Oggettivamente queste eccezioni sono corrette.

Però mi domando allora perché se uno picchia la moglie è un magrebino, mentre se rimane ucciso in un incidente, magari causato da un italiano, è un operaio (“Schianto mortale. Muore operaio”) o un soggetto sottinteso (“Travolto e ucciso da una jeep lungo la strada”)? Continua a leggere

Vicenza, ti voglio bene

18 Nov

Sono un veronese atipico. Molto atipico. Sarà che la mia famiglia è originaria tutta da Vicenza e provincia. Sarà che la mia cuginetta preferita vive a Vicenza. Sarà che i miei a casa paralvano il dialetto vicentino e per cui io dico “tosi” (“ragazzi” in vicentino) e non “butei” (“ragazzi” in veronese) e dico “ghe xé” (“c’è” in vicentino) e non “ghé” (“c’è” in veronese). Sarà che non ho mai amato l’Hellas ma sempre il Chievo. Sarà che io sono strano… sarà…

Però difficile non commuoversi andando a Vicenza e vedendo che la gente per strada, al posto di guardare avanti, volge la testa e guarda in direzione del fiume. Lo guarda con una faccia triste e incredula, come di chi si è sentito tradito dall’amico più caro.

Difficile non commuoversi davanti ai segni della piena che ancora raccontano l’alluvione, ai sacchetti della Protezione Civile ai piedi dei palazzi, al ponte Pusterla chiuso e transennato assieme ai suoi negozi e negozianti, agli uffici che ancora oggi pompano fuori l’acqua dagli scantinati.

E poi… e poi c’è questo:

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